mercoledì 2 ottobre 2013

Quando verrà la pioggia...


Quando verrà la pioggia...
admin

Il sole, alto nel cielo irrimediabilmente terso, osservava gli abitanti di Huntsville con ghigno beffardo e sbilenco.


In quella cittadina, sperduta nella parte sudoccidentale degli Stati Uniti, non pioveva da settecentosettantasette giorni. Gli abitanti, tutti, erano giunti ormai alla più cupa disperazione: i campi brulicavano di giallastre erbacce morte, i pozzi svuotati della loro essenza versavano in condizioni pessime, gli animali morivano uccisi dalla sete. Quell’enorme palla, sospesa nell’immenso e complice cielo, sembrava non volersene andare più; se solo avesse potuto farlo, avrebbe continuato a splendere e bruciare ogni cosa anche di notte. Uccidere. Da fonte di vita a fonte di morte.


Gli abitanti di quel luogo, dimenticato da un Dio fin troppo distratto, avevano perso ogni speranza, abbandonando se stessi ad una resa inevitabile. Mortale. Le soluzioni plausibili da adottare erano ormai terminate e ogni barlume di salvezza si era dissolto nel caldo afoso di giornate tutte uguali, insopportabili. Quel persistente calore assassinava qualsiasi impulso vitale. Toglieva il respiro e la voglia di pensare.


Il nero asfalto rifletteva i raggi come uno specchio e accecava gli occhi sgranati e stanchi di quella gente sfiancata dall’insostenibile situazione in cui era costretta a vivere. O sopravvivere. L’estate era arrivata in fretta, quasi a tradimento, e la temperatura aveva presto raggiunto picchi superiori ai quarantacinque gradi centigradi.


Deserte le strade. Nessuno in giro a popolare una cittadina ormai prossima ad una lenta e dolorosa fine. Pochi occhi, nascosti dietro fredde finestre, a fissare il gioioso nulla. Refrigerati dalla gelida aria sputata da sempre attivi condizionatori, gli abitanti di Huntsville passavano interminabili ore ad attendere solo quel po’ di pioggia che li avrebbe salvati. Il brusio dell’aria, che usciva dalle mobili alette di quei macchinari appesi a testa in giù, accompagnava l’ingombrante silenzio che da mesi dominava quei luoghi. Sembrava che la gente avesse rinunciato a vivere. L’inerzia come unica forza propulsiva.

Un giorno, il greve silenzio, pietra tombale su quelle vite miseramente azzerate, fu sgretolato da qualcosa di così normale da sembrare insolito. Una voce irruppe nella calma isterica di Huntsville. Era quasi un lamento urlato sottovoce. Un batacchio batteva sulla superficie di rame di una grossa campana. In lontananza, come giunto da un altro mondo, sulla Main Street abbagliata dai taglienti raggi solari, una strana figura prese forma; un uomo magro con una carnagione scura, vestito solo di una pelliccia di coyote, muoveva passi incerti e decisi appoggiandosi ad un bastone di legno lungo due metri circa.


- La morte è annidata in questo posto. La salvezza?… potete raggiungerla. Sono io la vostra salvezza.


Qualcosa si svegliò di soprassalto nelle menti degli abitanti; una molla scattata nei meandri soffocati dall’esasperazione. Molti abbandonarono i loro gelidi rifugi per scendere in strada e lasciarsi avvinghiare dal terribile abbraccio dell’afa tenace. Come tante marionette sbigottite, tutti rimasero immobili a fissare quel piccolo e scheletrico uomo. I suoi occhi, piccoli, scuri e profondi emanavano una strana ed immensa energia.


Bambini, uomini, donne, anziani e perfino gli oggetti sembravano ammaliati dalla potente presenza.


- Chi sei? E… cosa vuoi? Le parole tremanti giunsero dalle spalle di quell’uomo che aveva tutte le sembianze di uno stregone. Era lo sceriffo Kurt Irving che sostava proprio dietro l’uomo; le mani sui fianchi e le gambe leggermente divaricate in segno di sfida.


- Cosa voglio? Ribattè l’uomo senza neanche voltarsi. – Cosa volete voi da me! Credo sia più congruo porla in questi termini.


- L’unico desiderio sigillato nei nostri cuori… Una donna si fece avanti per esternare tutta la sua amarezza.


- La pioggia. Solo quello e niente più! Urlarono i proprietari della fattoria Winney, l’unica in tutta la contea.


Lo strano personaggio restò in silenzio. Meditabondo guardò l’asfalto bollente. Assorto in chissà quali elucubrazioni si massaggiava la glabra guancia sinistra.


- Posso darvi ciò che volete.


Un vociare malizioso e attonito avviluppò le bocche di tutti gli astanti.


- Non è possibile. Solo Dio potrebbe, con la sua infinita misericordia, darci la pioggia. E tu… non mi sembri essere Dio. Il reverendo Murphy irruppe con le sue solite parole tuonanti. Le stesse dannate, e ricoperte di malcelata santità, parole che propinava ogni domenica nei suoi candeggiati sermoni.


Lo strano uomo, questa volta, si voltò verso il luogo dal quale era giunto l’astioso commento; mostrò un sorriso appena accennato, furbo, pericoloso. Non si pronunciò.


- Come potresti compiere un prodigio di tale portata? E’ impossibile. Chiese lo sceriffo.


- Perchè non potrei farlo?


- E se ci riuscissi quale sarebbe il prezzo da pagare?


- L’uomo… sempre pronto a pensare che per avere, bisogna per forza dare! Non dovete temere. Mi darete ciò che voglio solo se farò arrivare la pioggia. Voi non dovete far altro che dirmi se volete, o meno, che io agisca. Mi serve solo il vostro consenso.


Tutti si guardarono con occhi che racchiudevano mille domande, mille paure e, forse, una sola illusione.


Poi, fu un attimo. Sembrava che i pensieri di quelle persone si fossero presi per mani e fusi uno nell’altro per raggiungere un’unica meta. Un’unica e irreversibile decisione.


- D’accordo. All’unisono, si udì levarsi dalle secche trachee un urlo colmo di timore.


L’uomo sollevò il suo bastone verso il cielo. Mormorò qualcosa come se stesse ammonendo il sole stesso. Nessuno comprese il significato di quella nenia sussurrata con brutale ardore.


Non accadde nulla.


I capi chini degli abitanti emanavano delusione. Una delusione che aleggiava nell’aria come un gas invisibile e velenoso.


Lo stregone scomparve senza che nessuno se ne accorgesse.


Tutti coloro i quali avevano assistito al mancato prodigio si guardarono intorno. Erano smarriti. Come mosche ubriache tornarono alle proprie abitazioni semisciolte dal perenne caldo.


Giunse la notte, unico momento in cui il sole concedeva una tregua.


Le stelle, mille occhi luccicanti nell’infinito e buio firmamento, guardavano il mondo sottostante. Così vicino. Così lontano.


D’un tratto, come una mano di fumo nel cielo, una nuvola enorme e gravida giunse veloce a coprire il manto stellato. La prima, pesante goccia cadde sul terreno ormai tiepido, successivamente fu la volta della seconda, della terza. Poi un esercito di fredde lacrime si scagliò sulla cittadina di Huntsville.


Dopo tutti quei mesi, la pioggia. Fresca. Liberatoria. Tutti furono destati dal rumore martellante dell’acqua che andava ad infrangersi sui secchi tetti delle abitazioni.


Il ritmo del rovescio si fondeva col rumore dei battiti accelerati dei cuori di tutti coloro che si trovarono ad assistere all’insperato fenomeno atmosferico. Qualcuno si abbandonò ad un insicuro segno della croce. Pochi attimi e, come richiamati da qualcosa di magico, gli abitanti di Huntsville scesero per le strade popolandole come non succedeva da troppo tempo.


Tutti a ballare, a ridere come drogati dall’acqua dispensata dall’enorme e grigia nuvola, la quale sostava pesante sulle teste ignare dei partecipanti all’improvvisata festa.


Come tutte le cose più belle, la gioia durò solo pochi minuti.


L’acqua continuava a scendere copiosa. Pozzanghere enormi giacevano addormentate sulle superfici asfaltate; piccoli laghi alimentati dai torrentelli che scorrazzavano lungo gli umidi ed ebbri cigli delle strade. Quelle pozze, però, presto si rivelarono tetri rifugi di qualcosa di oscuro. Misterioso. Terribile.


Dall’acqua sporca delle lugubri fosse iniziarono a spuntare delle figure umanoidi. Lineamenti indefiniti nascondevano qualcosa di spaventoso, occhi bui animati da una luce funerea. Pochi attimi e gli abitanti di Huntsville furono circondati da numerose immonde presenze.


Lo smarrimento colse fulmineo gli abitanti, i quali sembravano essere stati colpiti da un freddo improvviso che percorreva le dritte schiene come una lama di ghiaccio. I bambini saltarono in braccio ai propri genitori impauriti.


- Chi siete? Cosa volete da noi?


Silenzio.


I mostri, senza proferire verbo, si strinsero intorno alla povera gente che assisteva inebetita allo spaventoso spettacolo. Mossero passi lenti fino a creare una cinta muraria che bloccava ogni via di fuga agli abitanti di Huntsville; tutto nel più assoluto silenzio, il quale faceva apparire le creature ancora più spaventose.


Le teste dei poveri malcapitati si mossero schizofreniche in tutte le direzioni, a cercare risposte che non avrebbero mai trovato.


- Maledetto stregone… che cosa ci hai fatto? Urlò una donna annegata nelle sue stesse lacrime.


- Dio, dove sei? Guardaci e aiutaci! Implorò, senza dignità, il reverendo.


Gli automi giunti dall’infida precipitazione restavano, impassibili e muti, ad osservare la disperazione scolpita sui volti crollati di quelle povere persone.


- E’ stato quel demonio. Maledettto… dove sei? Vieni fuori! Urlò un uomo guardando il cielo come se stesse interrogando l’enorme nuvola.


- Sono qui. Le parole giunsero nette. Epigrafiche a soffocare il timore instillato in tutti. Lo sciamano, improvvisamente, si materializzò. Si trovava proprio al di fuori del muro umanoide creato dagli esseri.


- Che cosa ci hai fatto?


- Io? Nulla! Assolutamente nulla miei cari! L’uomo cercò di reprimere un sorriso soddisfatto.


- Ci hai ingannato!


- Mhhh! Vediamo un pò… sareste in grado di ingannare la vostra mente?


- Cosa significa? Ti vuoi prendere gioco di noi?


L’uomo si voltò in modo fulmineo. Ora il suo volto sembrava teso. Il divertimento, spalmato tra le rughe, sembrava essere scomparso di colpo.


- Io mi prenderò qualcos’altro mio caro sceriffo Irving.


Una luce rossa s’illuminò negli occhi di quella specie di negromante.


- Io ti ammazzo! Lo sceriffo cercò di liberarsi dell’abbraccio impaurito della sua gente e cercò di scagliarsi contro l’uomo senza identità.


I mostri sembrarono svegliarsi dal loro torpore. Veloci, si mossero per proteggere colui che, con ogni probabilità, esercitava su di essi una forza tale da controllarli a suo piacimento.


Sinistri rumori giungevano dalla poco umana recinzione. Ringhi ottusi a fare da colonna sonora alla spettrale scena.


Le facce degli esseri iniziarono a distorcersi. Grosse fauci spuntarono dalle bocche deformi, i loro occhi iniziarono a brillare come accesi da una fredda fiamma.


Lo sceriffo non riuscì a muoversi. Le gambe inzuppate erano diventate pesanti come blocchi di cemento. Due mani fornite di enormi artigli, sbucarono da una piccola pozza d’acqua per bloccare le caviglie dell’uomo.


- Cosa vorresti fare mio caro sceriffo? Lo strano individuo sorrise spalancando la bocca che ora sembrava allargarsi ad ogni spasmo provocato da quell’insensata ilarità.


Lo sceriffo era furente e non riusciva a distogliere lo sguardo dal minuto essere.


- Perchè ci tratti in questo modo? La mia gente è spaventata… guardali… sono tutti terrorizzati! Che cosa abbiamo potuto fare per meritarci tutto ciò?


- Spaventati dici? Ah ah ah… ti assicuro che è presto per aver paura. Non è successo ancora niente. O mi sbaglio ragazzi?


I mostri iniziarono a grugnire come eccitati dalla prospettiva dell’arrivo di un’imminente catastrofe.


- Non è ancora successo niente?  Arrivi dal nulla, prometti e poi ci fai questo?


- Non arrivo dal nulla mio caro sceriffo. Siete stati voi a chiamarmi. Te lo posso assicurare.


- Impossibile.


- Possibile. Possibile amico mio. Julia, quante volte hai pensato che avresti fatto di tutto pur di avere un pò di pioggia? Sammy… e tu? Ti ricordi? Sì che ti ricordi… eri in chiesa quando hai chiesto al tuo Dio che io arrivassi, che avresti sacrificato qualsiasi cosa… E tu, mio caro sceriffo Irving… Mi hai desiderato più volte in questi ultimi tempi.


Nessuno rispose. Lo stregone diceva la verità.


- Avete pensato di sacrificare ogni cosa pur di ottenere ciò che volevate. Tutti. Nessuno escluso. Siete stati in grado di meditare di offrire anche le vostre misere vite.


- Ma pensarlo non significa volerlo davvero. Sbottò il dottor Hurtley.


- Non sempre dottore. A volte pensieri per voi inutili possono giungere a destinazioni inaspettate e diventare nodi inestricabili, capaci di legarvi a delle realtà che neanche osate immaginare.


- Tutto questo è incredibile… stai scherzando.


- Questo ti sembra uno scherzo? L’uomo mosse solennemente il bastone. Un attimo e la piccola Louise Flemming, figlia del droghiere, cadde senza vita sul suolo bagnato.


- Hai visto come un pensiero possa incidere sulla vita di ognuno di voi? L’uomo guardò il corpicino esanime della piccola e disse mostrando una finta costernazione:- Mi dispiace piccolina… è colpa di tuo padre e di quello che ha pensato in più di un’occasione. La bambina fu immediatamente inghiottita dal terreno spalancatosi come una bocca ingorda.


Il droghiere cadde in ginocchio come se le gambe gli fossero diventate di burro. Con le mani serrate iniziò a picchiarsi la testa.


- Non puoi farlo.


- Troppo tardi. E poi… non sono stato io, Martin. Tu hai ucciso tua figlia! Lo sciamano aggrottò la fronte.


- E allora? Cosa vuoi? Riprese lo sceriffo.


- Io? Niente! Voi avete chiesto la pioggia… e pioggia sia. Ah, dimenticavo… mi prenderò la vostra cittadina… e i vostri pensieri.


- E’ uno scherzo.


- Ti assicuro che non è uno scherzo, sceriffo! Devi iniziare a crederci.


Lo stregone cominciò a recitare una strana litania mentre il cielo sembrava urlare tutta la sua rabbia.


- Non serve a nulla pregare, gente. Ormai non potete più salvarvi.


Un vortice al centro della nuvola. La pioggia imperversava. L’uomo continuava ad urlare in preda ad una specie di trance. La spirale incrementava la sua velocità come alimentato da infinite scariche elettriche. Mille lampi illuminavano quel pezzo maligno di nuvola.


Ormai il cerchio, il quale sembrava un occhio inferocito, cresceva in maniera spropositata. Emanava un’enorme energia negativa. Tuoni furono scagliati a rompere piccoli pezzi di terreno fradicio.


- Preparatevi alla fine! Urlò l’uomo in estasi.


I mostri guardavano incantati l’enorme ferita nel cielo nero.


Ormai tutto era perso. La gente di Huntsville smise di guardare in su. Le pesanti teste si piegarono in avanti pronte a ricevere il colpo di grazia.


Ma, ad un tratto successe qualcosa.


- Fermati.


L’uomo sembrò riaversi dallo stato di semi incoscienza.


I mostri guardarono all’orizzonte, verso il posto dal quale giungeva la voce. Era una donna.


- Oh no. Maledetta.


- Sì, sono proprio io Daymalik. Pensavi di poterti prendere la mia città senza neanche chiedermelo?


- Vecchia Zaseira. Ma tu non eri stata ricacciata nel mondo delle ombre oscure?


- Ah, tutti lo credevano ma poi…


- Signora Wilcott ma lei…


- Sì, sceriffo. Io non sono proprio quella che voi tutti conoscete.


- Grazie a Dio è arrivata in tempo. Questo tizio voleva farci chissà quale maleficio… ha ucciso anche la piccola Louise.


La donna, capelli bianchi legati in una lunga coda, magra e alta più della media, non disse nulla. Assunse un’aria assorta.


- Signora Wilcott, che succede? Lei è il nostro punto di riferimento. Non è scossa dalla morte di una piccola anima innocente?


La donna continuò a rimanere nascosta nel suo silenzio.


- Parli. Parli, per la miseria. Lei ci ha salvati e ora non vuole spiegarci. Chi è quest’uomo?


- Vecchia Zaseira, non hai detto nulla vero?


- Sta zitto o te ne pentirai.


- Da quanto tempo è che sei qui Zaseira?


La donna tacque.


- Ve lo dico io signori… settecentosettantasette giorni. I giorni in cui il sole è entrato nelle vostre vite per non andare più via.


- Non continuare Daymalik. Stai in silenzio!


- Oh mio Dio. E’ vero. E’ da quando la signora Wilcott è con noi che non vediamo la pioggia. Qualcuno pronunciò l’agghiacciante verità.


L’espressione della donna mutò repentinamente. I suoi lineamenti s’irrigidirono.


- Ah ah ah vecchia megera. Sei stata smascherata. Non ti prenderai anche questa cittadina.


- Ah no? La donna, irritata, congiunse le mani sfregandosi i palmi l’uno contro l’altro.


- Non dategli ascolto… vuole confondervi.


- Ah sì… diglielo che il tuo intento era quello di farli ardere tutti.


- Ak molyt, in suttwe, olokonaua!


- Noooo, maledetta! Smettila. Non farlo. Nooo.


Gli abitanti di Huntsville guardavano, esterrefatti, l’assurdo spettacolo.


- Adesso, torna da dove sei venuto, Daymalik. Non puoi appropriarti di ciò che appartiene a qualcun altro.


- Maledetta vecchia… tornerò. Questa gente non farà mai dei pensieri positivi. Lo sai anche tu. Non puoi cambiare l’uomo. Non lo hai ancora capitooo…


Lo stregone scomparve scacciato da un forte raggio di sole che squarciò il cielo nero e minaccioso. Con lui, si eclissò anche il suo terribile esercito di mostri venuti dalla pioggia.


- Signora Wilcott, ma allora… beh… è vero quello che ha detto quello strano essere? Chiese preoccupata la signora Chester, unica maestra dell’unico asilo di Huntsville.


La donna osservò con enorme tristezza tutti gli abitanti. Poi parlò lentamente. Raccontò la sua storia.


- Io sono un angelo punitore. Sono stata mandata qui, nella vostra cittadina, dal Supremo in persona.


- Punitore? E chi dovrebbe punire? E perchè?


- Quando in una comunità, le manifestazioni di cattiveria superano il livello di rischio, io corro e sistemo le cose. A volte ci riesco… altre volte fallisco.


- E cosa c’entra la pioggia e il sole?


- Vedete… io ho la capacità di manovrare il clima e usare il sole come un’arma a mia totale disposizione. Ho bloccato la pioggia e reso il sole più cocente per punirvi e portarvi all’espiazione. Purtroppo, il mio operato vi ha spinti ad invocare quell’essere immondo di  Daymalik, angelo caduto, al servizio di Lucifero.


- Ed ora? Che succederà signora Wilcott? La domanda fu posta quasi con rabbia. Come se la vecchia dovesse rispondere in prima persona di ciò che era accaduto.


La donna si rinchiuse nell’ennesimo preoccupante silenzio. Ruotò le pupille per guardarsi intorno… un sospiro quasi sconsolato. Scomparve.


Nel cielo, ora ripulito, il sole ritornò a rifulgere con feroce bellezza.


Come mai era successo prima d’allora.


Non se ne andò mai più.


FINE


 


 


 


 


 


 


 


 


 

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